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La casa degli spiriti - Isabel Allende




Buon sabato cari amici lettori,
è da un po' di tempo che non mi vedete...cercate di capirmi, sono all'ultimo anno di Università e in piena sessione d'esami, se voglio laurearmi in tempo devo darmi da fare e il tempo per me, e per dedicarmi alle mie passioni, è sempre più ridotto. Però, quando posso, torno in questo mondo virtuale per annoiarvi con qualche post sulle mie ultime letture, ad esempio questa:


La casa degli spiriti di Isabel Allende, edito dall'Universale Economica Feltrinelli, prezzo di copertina 8 euro, 364 pagine, codice ISBN 9788807810008.

Hai ventun anni e non hai ancora letto "La casa degli spiriti"? Ma non ti vergogni?
Ebbene sì, un po' me ne vergogno. Me ne vergogno ancora di più se penso a tutte le volte che mi è stato consigliato e non l'ho preso o a tutte le volte che sono stata sul punto di acquistarlo, ma all'ultimo momento l'ho appoggiato sullo scaffale e ho optato per altri acquisti. Che vi devo dire? Di solito i libri mi chiamano al momento giusto, questo non mi chiamava mai. Poi, per fortuna, una delle mie coinquiline ha deciso di regalarmelo a Natale ed è stata la prima lettura terminata in questo tanto atteso 2013.

Trama:
Una saga familiare del nostro secolo in cui si rispecchiano la storia e il destino di tutto un popolo. Un grande affresco che per fascino ed emozione può ricordare al lettore, nell'ambito della narrativa sud-americana, soltanto "Cent'anni di solitudine" di Garcia Marquez.

Io non ho letto "Cent'anni di solitudine" e non posso né esprimere un giudizio né fare un paragone con questo famosissimo libro; però ho letto "La casa degli spiriti" e ho impiegato un tempo relativamente breve per terminarlo.

Ripensandoci credo che ciò che mi ha sempre frenato e che non mi ha mai permesso di acquistare questo romanzo è il fatto che io e la letteratura Sud-Americana non andiamo molto d'accordo. Fondamentalmente non c'è nemmeno un motivo preciso, semplicemente non mi attira più di tanto.
Ho letto alcuni libri dell'Allende, della Serrano e anche di Marquez, ma sono state letture complicate e impegnate. Pensare di dover leggere questo libro, così corposo e così denso, mi spaventava un po'.
Poi ho sfogliato la prima pagina e ho conosciuto Rosa, la bella. Una ragazza anomala dalla pelle avorio e dai capelli lunghissimi e verdissimi, che per dilettarsi ricama strani animali fantasiosi e decisamente immaginari. Questa figura mi ha stregata subito, ma ciò che mi ha appassionato sin da subito e che mi ha fatto divorare il primo capitolo è stato Esteban Trueba. Quando lo incontriamo per la prima volta tra le pagine di questo libro, Esteban ha venticinque anni, è un ragazzo povero ma ambizioso ed è perdutamente innamorato di Rosa.
Questa ragazza nel suo paese è conosciuta e riconosciuta come una figura mitica, quasi angelica. Una sirena. Ogni uomo guardandola ne rimane stregato, ma nessun uomo è in grado di avvicinarla perché questa rara bellezza li intimorisce. Esteban è più forte e dopo tanto errare trova in sé la forza di rivolgerle la parola. Una vetrina li separa, Esteban la ammira da fuori, Rosa compra delle caramelle all'anice insieme a sua sorella, poi avviene l'incontro. I due giovani si scambiano poche parole, il cuore di Esteban batte sempre più forte. Esteban decide di partire per lavorare in miniera, vuole risparmiare per poter sposare la donna dei suoi sogni, lavora giorno e notte e pensa a Rosa e le scrive e aspetta il momento giusto per tornare e costruire la casa dei suoi sogni. Però, sciaguratamente, dopo giorni di malattia Rosa muore a causa di un errore del padre, che le fa bere un liquore avvelenato. Esteban riceve la notizia e torna da Rosa per vederla un'ultima volta e, quando finalmente arriva e la vede, Isabel Allende ci regala una delle pagine più strazianti dell'intero libro:

Fu una lunga notte, forse la più lunga della mia vita. La trascorsi seduto accanto alla tomba di Rosa, parlando con lei, accompagnandola nella prima parte del suo viaggio verso l'Aldilà, quando è più difficile staccarsi dalla terra e si ha bisogno dell'amore di chi rimane vivo, per andarsene almeno con la consolazione di avere seminato qualcosa nel cuore altrui. Ricordavo il suo viso perfetto e maledicevo la mia sorte. Rinfacciai a Rosa gli anni che avevo passato dentro quel buco di miniera, sognando lei. Non le dissi che, in quel tempo, non avevo più visto donne, all'infuori di qualche miserabile prostituta invecchiata e distrutta, che serviva metà dell'accampamento più per buona volontà che per merito. Le dissi invece che avevo vissuto tra uomini rudi e senza legge, mangiando ceci e bevendo acqua putrida, lontano della civiltà, pensando a lei notte e giorno, recando nell'anima la sua immagine come uno stendardo che mi dava la forza di continuare a picconare la montagna, anche se il filone si era perso, malato di stomaco per la maggior parte dell'anno, intirizzito dal freddo di notte, allucinato dal caldo di giorno, tutto ciò all'unico scopo di sposarmi con lei, ma lei se n'era andata ed era morta a tradimento, prima che io potessi portare a termine i miei sogni, lasciandomi un'inguaribile desolazione. Le dissi che si era presa gioco di me, l'accusai che non eravamo stati mai veramente soli, che l'avevo potuta baciare una volta sola. Avrei dovuto tessere l'amore con ricordi e desideri opprimenti. ma impossibili da soddisfare, con lettere arretrate e sbiadite che non potevano riflettere la passione dei miei sentimenti né il dolore della sua assenza, perché non ho facilità con il genere epistolare e molto meno per scrivere le mie emozioni. Le dissi che quegli anni alla miniera erano una perdita irrimediabile, che, se io avessi saputo che sarebbe rimasta così poco su questo mondo, avrei rubato il denaro necessario per sposarmi con lei e costruire un palazzo arredato con i tesori del fondo del mare: coralli, perle, madrepore, dove l'avrei tenuta rinchiusa e dove solo io sarei potuto entrare. L'avrei amata ininterrottamente per un tempo quasi infinito, perché ero sicuro che se fosse stata con me, non avrebbe bevuto il veleno destinato a suo padre e sarebbe vissuta mille anni. Le parlai delle carezze che le avevo riserbato, i regali con i quali l'avrei sorpresa, il modo in cui l'avrei fatta innamorare e resa felice. Le dissi, insomma, tutte le follie che non le avrei mai detto se avesse potuto udirmi e che non ho mai ripetuto a nessun'altra donna.

 Poi Esteban scappa nella cas ain campagna abbandonata dai suoi genitori. La rimette a nuovo, riporta in auge la cittadina dove l'abitazione è situata e rimette in piedi l'economia. Diventa ricco, ma gli anni passano e, dopo aver stuprato una moltitudine di contadine, è arrivato il momento di prendere moglie. Tra tutte le donne possibili e immaginabili sceglie Clara, la sorellina di Rosa. Avranno tre figli: Blanca, Jaime e Nicolas. Blanca avrà una figlia, Alba, e nel libro è raccontata la vita di ognuno di loro.

La particolarità è che chi racconta è proprio il caro e burbero Esteban, ma i ricordi non sono tutti farina del suo sacco. Se possiamo conoscere la storia di questa dinastia dobbiamo ringraziare Clara che, giorno per giorno, annotava su dei quaderni i suoi pensieri e ciò che succedeva in casa sua.

Se vi chiedete a cosa si ispira il titolo la risposta è molto semplice: Nivea (la madre di Clara e Rosa), Clara, Rosa, Blanca e Alba hanno dei poteri direi quasi soprannaturali. Odono gli spiriti, prevedono il futuro e hanno delle abilità precipue. La spiritualità fa parte di questa storia ed è il filo conduttore che lega queste donne l'una all'altra.

Sullo sfondo la guerra, le ribellioni, le dittature e la lotta per il potere, ma anche la politica e la morte. In questo libro c'è tutto e c'è la storia del Cile dalla fine dell'800 fino dopo la grande guerra.
Se non lo avete ancora letto e volete farlo preparatevi a gioire e a patire le più atroci sofferenze; preparatevi a fare esperienza dell'amore, dell'odio e delle più sfrenate passioni. Preparatevi a sentirvi impotenti o potentissimi. Preparatevi ad entrare nella vita di una famiglia stravagante e, allo stesso tempo, terribilmente reale.

In tanti mi hanno consigliato questo romanzo e tutti loro lo hanno lodato e mi hanno consigliato di leggerlo.
Bè, avevano proprio ragione.
Leggetelo, non ve ne pentirete...

Così come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell'ignoto. Ma la paura è qualcosa d'interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà. Morire  è come nascere: sono un cambiamento. Aveva detto Clara

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