Passa ai contenuti principali

Un giorno questo dolore ti sarà utile - Peter Cameron

Ciao a tutti amici lettori,
oggi è il 3 Giugno e io devo ancora pubblicare le recensioni degli ultimi tre libri letti a Maggio. La settimana appena trascorsa, purtroppo, è stata una delle più brutte della mia vita...per cui il tempo per scrivere e leggere si è un po' ridotto.
Ma oggi è caldissimo, fuori c'è il sole e l'idea che tra poco inizierò ad andare in spiaggia mi rende così felice che mi è venuta voglia di recuperare il tempo perso e scrivere.
Procedendo in ordine cronologico, il libro che ho letto subito dopo aver terminato Stoner è stato Un giorno questo dolore ti sarà utile.



Cameron disegna un mirabile affresco di un mondo, il nostro, incapace di prendersi cura di se stesso, alla rincorsa di cose futili e banali. Lo fa attraverso una prosa densa come fosse verseggiata, con dialoghi perfetti e un personaggio che resterà nella memoria. Un libro bellissimo, già dal titolo e fino all'ultima pagina. [Valeria Parrella]

Ho deciso di leggere questo libro per un motivo semplice: terminato Stoner ( che mi è piaciuto tantissimo!) ho letto la postfazione di Peter Cameron e il suo modo di scrivere mi è piaciuto subito. Siccome mi trovavo in quella spiacevole condizione familiare a molti lettori per la quale dopo aver letto un libro bellissimo si ha sempre paura di iniziarne un altro, perché difficilmente questo potrà reggere il confronto con quello appena terminato; ho pensato che sarebbe stato logico iniziare un romanzo di Cameron, dato che Cameron ha scritto la postfazione di Stoner. Sto delirando (?)

Comunque, la copertina e il titolo mi hanno sempre intrigata. Da quando ho scoperto l'esistenza di questo romanzo ho sentito il bisogno di acquistarlo, ma puntualmente rimandavo e rimandavo e rimandavo. L'11 Maggio, come ormai saprete tutti, ero al Salone Internazionale del Libro di Torino e allo stand del libraccio l'ho trovato a 5 € e in ottime condizioni. Così l'ho preso, questa volta senza pensarci troppo.

Le 206 pagine di questo libro sono, in realtà, le pagine del diario del protagonista. E' la storia di James, o meglio, è la storia di una piccola porzione del suo vissuto, che inizia precisamente Giovedì 24 Luglio 2003 e termina l'Ottobre successivo. Si tratta del periodo estivo che precede un grande cambiamento nella sua vita, dal momento che dopo essersi abituato alla sua scuola e alla sua città è costretto ad andarsene e iniziare un percorso nuovo, entrare a far parte di una nuova realtà collettiva: l'Università. James è un ragazzo instabile e insicuro; non ama affatto il contatto con le persone (soprattutto se sono sconosciuti e soprattutto se hanno la sua stessa età) ed è circondato da persone altrettanto instabili.
- La madre di James si è sposata diverse volte e, quando iniziamo la lettura, la scopriamo di ritorno dall'ennesima luna di miele fallita (il nuovo marito, conosciuto solo 6 mesi prima, le ha rubato la carta di credito e ha sperperato più di tremila dollari in gioco d'azzardo). Dopo una giornata di depressione ritorna a lavoro nella sua galleria d'arte, dove James lavora nei tre mesi estivi.
- Il padre di James è un uomo ricco per cui l'importanza è l'apparenza e nient'altro. I soldi, i ritocchi chirurgici estetici e il lavoro; non c'è spazio per la famiglia o per l'amore nei confronti di un figlio. Infatti, quando lo incontriamo la prima volta nel libro ci viene mostrato come un uomo disattento, incurante ed egocentrico. Preoccupato soltanto degli orientamenti sessuali del figlio, incapace di ascoltare tutto il resto.
- La sorella di James, innamorata di un uomo sposato che è anche il suo professore di Linguistica all'università (con questo signore, padre di due bambini, ha una storia d'amore dichiarata).
- Il cane Mirò, un cane che non sa di essere un cane e pensa di essere un uomo.

Questa è la famiglia di James. Una famiglia distrutta e completamente avulsa da qualsivoglia forma di dialogo o confronto. James non vuole andare all'università. Chiede ai suoi genitori di donargli i soldi che spenderebbero per l'università per comprare una casa nel Midwest dover poter abitare da solo, leggere e prodursi in lavori manuali. L'università è per lui una totale perdita di tempo ed è anche terrorizzato dal dover vivere a contatto con i suoi coetanei. Così i genitori decidono di mandarlo da una psichiatra, perché invece di ascoltare i desideri di un figlio, invece di capire i sogni di quest'ultimo, è preferibile considerarlo pazzo e mandarlo in terapia, giusto? I genitori di James combattono soltanto per salvare l'apparenza, e non si adoperano affatto per stare vicino ad un figlio in crisi, con evidenti difficoltà.
In queste 206 pagine ci vengono raccontate le vicende di quell'estate, i pensieri e le parole spese in un momento di crisi interiore da parte di un giovane diciassettenne solo e abbandonato a se stesso. Nanette, la nonna, è l'unica persona capace di amarlo e di dimostrare con i fatti l'amore che prova nei confronti del nipote, infatti James la raggiunge spesso per parlare e per prendere una boccata d'ossigeno dalla sua vita di tutti i giorni.

Inizialmente il libro mi ha catturata molto. Provo sempre una forte attrazione nei personaggi insoliti, disadattati e solitari; ma anche nei confronti dei personaggi non proprio stabili ( i pazzi psicotici, psicopatici, ossessivo-compulsivi sono i miei preferiti da sempre). James mi ha intrigata sin da subito, ma poi, proseguendo con la lettura, ho iniziato ad annoiarmi. Il libro è scritto bene, questo sì, ma la storia si appiattisce e l'attenzione diminuisce pagina dopo pagina. Inoltre, i personaggi sono abbastanza stereotipati e questo fa sì che durante l'evolversi degli eventi le loro azioni\reazioni siano prevedibili. James, dal canto suo, non riesce a migliorarsi, a crescere e non riesce ad evitare le situazioni spiacevoli. C'è chi ha avuto l'ardire di paragonarlo a Holden. Non mi esprimo su questo punto, perché non ha senso perdere tempo.
E' un romanzo che per qualche motivo non funziona. E mi dispiace perché avevo delle altissime aspettative e invece si è rivelato una quasi delusione.

PS: Ciò che più mi ha infastidito è la poca coerenza di James. Non parlo dell'incoerenza delle sue azioni, che sarebbe prevedibile dal momento che è un ragazzo di diciassette anni con problemi evidenti; quando parlo di incoerenza mi riferisco alla costruzione del personaggio. James ha 17 anni e non sembra avere 17 anni. Nel modo di parlare, nel modo di pensare e nel modo di agire non sembra affatto un adolescente, sembra un uomo adulto e deluso; un uomo che ha perso ogni barlume di speranza e di spensieratezza. Sembra un uomo che ha tutte le risposte pronte, nessun dubbio, nessuna incertezza tipica di un diciassettenne. Perché anche il dubbio dell'Università non è un vero dubbio: James è convinto di non volersi iscrivere e ha già stabilito anche come dovrà essere la sua vita. Non so se è chiaro quello che sto dicendo, ma mi ha infastidita perché Cameron non è stato attento ai dettagli, ecco.

PPS: Se vi state chiedendo da dove nasce il titolo, che poi è una delle cose che più mi ispirava nel romanzo, ve lo spiego subito. L'estate in cui i genitori di James divorziano decidono di spedire i due figli "fuori dai piedi": Gillian, che ai tempi aveva quindici anni, è stata inviata in Europa con la famiglia della sua amica Hilary mentre James è stato "esiliato" al Camp Zephyr, che si spacciava come scuola di vela e che in realtà era un istituto di preparazione per le accademie militari dove si cerca di raddrizzare gli adolescenti gravemente problematici "grazie alle meraviglie del lavoro manuale e della natura". Sii forte e paziente; un giorno questo dolore ti sarà utile è il motto del campo. Ecco.

Commenti