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LE OTTO MONTAGNE - Paolo Cognetti

Allora, forse, è vero il detto "chi legge un libro a Capodanno legge tutto l'anno"! Il 2 gennaio 2018, mi sono accomodata sul mio bel divano Ikea e tre ore e mezza dopo avevo già terminato il secondo libro dell'anno: Le otto montagne di Paolo Cognetti. E solo oggi mi sono decisa, mi sono seduta nella postazione del mio studio casalingo e ho iniziato a scrivere davvero questa recensione.

Per parlare di questo libro, secondo me, bisogna partire dalla biografia dell'autore - che accennerò brevemente.
Paolo nasce a Milano nel 1978, studia matematica all'università e letteratura americana da autodidatta. Ha vinto diversi premi come, ad esempio, il Premio Subway-Letteratura, il Premio Lo Straniero e il Premio Strega 2017 per Le otto montagne.
Due grandi passioni lo caratterizzano: la montagna e New York (se te la sei persa, puoi leggere la recensione che ho scritto a proposito dell'antologia New York Stories cliccando qui!)
Preso appunti? Ora torniamo un attimo al libro:
-E tu? - chiesi. -Io cosa? -Ti piacerebbe? -Venire a Milano?- disse Bruno.- E che ne so. Sai che è da ieri che cerco di immaginarmelo? E che non riesco, non so nemmeno com'è. Restammo zitti. io che sapevo com'era, non avevo bisogno di immaginare niente per rivoltarmi contro quell'idea. Bruno avrebbe odiato Milano e Milano avrebbe rovinato Bruno, come quando sua zia lo lavava e vestiva e lo mandava da noi a imparare i verbi. Io proprio non capivo perché facessero di tutto per trasformarlo in quello che non era. Che male ci vedevano a lasciarlo pascolare le mucche per il resto della sua vita? Non mi rendevo conto che era un pensiero terribilmente egoista, perché non riguardava davvero Bruno, i suoi desideri, il suo futuro, ma solo l'uso di lui che volevo continuare a fare: la mia estate, il mio amico, la mia montagna. Io speravo che niente sarebbe mai cambiato, lassù, nemmeno i ruderi bruciati o i mucchi di letame lungo la strada. Che lui e i ruderi bruciati e i mucchi restassero sempre uguali, fermi nel tempo ad aspettare me. [p,58]
Questa è la storia di Pietro, il nostro protagonista. Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. Incontriamo i suoi genitori, che si trasferiscono dalle montagne della Valle D'Aosta a Milano, per motivi lavorativi visto che Giovanni, il capofamiglia, ha una laurea in chimica e trova un impiego in una grande azienda milanese e la madre, infermiera, decide di rispendere la propria professionalità prestando servizio nei primi consultori della città, con tutte le difficoltà che ne derivano: ragazze madri, povertà e ignoranza.

Nonostante questa nuova vita nella grande città, la famiglia Guasti non riesce a fare a meno di tornare presso le amate montagne. In ogni occasione utile, che siano ferie, che siano ponti o feste comandate, Pietro e la sua famiglia tornano in montagna, si spostano di luogo in luogo, fino a quando decidono che è arrivato il momento di recuperare una certa stabilità anche lassù, tra quei paesaggi tanto amati. Prendono una piccola casa, vecchia, dismessa e abbastanza decadente. La casa si trova in un paesino che d'inverno conta quattordici anime, si chiama Grana, si trova ai piedi del Monte Rosa, ed è qui che inizia l'amicizia tra Pietro e Bruno.

La madre di Pietro lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. Il rapporto tra Pietro e i suoi genitori è sempre più precario, mentre Bruno, giorno dopo giorno, si inserisce talmente tanto nella famiglia da diventare quasi un figlio acquisito. La madre di Pietro si prende così a cuore questo bambino che vorrebbe salvarlo dalla montagna, dove è destinato a fare il pastore o il fattore, e offrigli un'istruzione. Bruno ha dodici anni, si sveglia all'alba per accudire gli animali, lavora tutto il giorno nella fattoria di famiglia e il tempo che dedica alla scuola è quasi inesistente. Inoltre, i genitori sono praticamente inesistenti e la mamma di Pietro vorrebbe adottarlo.
Io sto bene, il papà invece lavora troppo e gli fa male, rispondeva mia madre. Mi raccontava più di lui che di sè. La fabbrica era in crisi e mio padre, dopo trent'anni di carriera, anziché lasciar perdere e aspettare la pensione aveva raddoppiato gli sforzi. Viaggiava molto in macchina, da solo, guidando per centinaia di chilometri tra uno stabilimento e l'altro, tornava a casa esausto e crollava a letto appena dopo cena. Il sonno durava poco: di notte si alzava e si rimetteva a lavorare, tanti i pensieri non lo facevano dormire, ma secondo mia madre non erano solo i pensieri della fabbrica. Ansioso lo è sempre stato, però adesso sta diventando una malattia. Era in ansia per il lavoro, in ansia per la vecchiaia che si avvicinava, in ansia per mia madre appena le veniva l'influenza, in ansia anche per me. Si svegliava di soprassalto con l'idea che stavo male. Allora le chiedeva di telefonarmi, anche a costo di buttarmi giù dal letto; lei lo convinceva ad aspettare qualche ora e cercava di tranquillizzarlo, di farlo dormire e di farlo rallentare. Non che il suo stesso corpo non gli avesse già mandato dei segnali; ma lui sapeva vivere soltanto così con il fiato sul collo: imporgli la calma era come costringerlo ad andare in montagna più piano, godendosi l'aria buona e senza fare a gara con chiunque. [pp. 82-83].
Durante il periodo adolescenziali Pietro si allontana dai genitori e dalla montagna e, subito dopo la maturità, inizia gli studi universitari, subito li abbandona e decide di trasferirsi a Torino e studiare cinema. Sopravvive grazie a lavoretti saltuari e per un anno intero smette di parlare con il padre. Perde i contatti anche con la madre, che però escogita un modo per avere notizie da parte di Pietro: iniziano a scriversi delle lettere. Ed è solo grazie a queste lettere se Pietro riesce a recuperare qualche notizia a proposito del padre. Fino a quando lo raggiunge la notizia peggiore: all'età di 62 anni, Giovanni muore di infarto in autostrada, Pietro ha 31 anni e deve tornare a casa per il funerale.

Oltre ad abbastanza soldi per estinguere i debiti, Pietro riceve in eredità anche un terreno in montagna e il progetto di una casa ideata da Giovanni e che costruirà Bruno, come accordato anni prima. Pietro decide che deve prendere a cuore questa occasione, dunque non torna a Torino, ma resta a Grana insieme a Bruno per costruire la casa, come avrebbe voluto Givanni.
In pianura mi sarei messo a ridere. Gli avrei risposto che non sapevo fare nulla, e che non gli sarei stato di alcun aiuto. Mi ero seduto su un muro in mezzo alla neve, davanti a un lago ghiacciato a 2000 metri di altezza. Avevo cominciato a provare un senso d'inevitabilità: per motivi che non conoscevo era lì che mio padre mi voleva portare, su quel pianoro battuto dalle slavine, sotto a quella roccia strana, a lavorare a quel rudere insieme a quell'uomo. E mi dissi: va bene, papà, fammi quest'altro indovinello, vediamo cos'hai preparato per me. Vediamo cosa c'è di nuovo da imparare. -Tre o quattro mesi? domandai. -Ma sì, è una casa molto semplice. -E quando possiamo cominciare? - Appena va via la neve.- Rispose Bruno. Poi saltò giù dal muro e cominciò a spiegarmi come pensava di fare. [p. 96] 
Impara a conoscere suo padre attraverso i racconti di Bruno e i racconti della madre, scopre una persona nuova, che non aveva mai capito davvero. In questo momento Pietro decide di iniziare a viaggiare.

Torna spesso in Nepal, dove un uomo con un pollaio sulle spalle gli racconta la storia delle 8 montagne, secondo cui ci sono 8 montagne e 8 mari che delimitano le terre conosciute. Al centro del mondo c'è la montagna più alta, che è anche la più sacra. Da questo momento in poi iniziano una serie di viaggi in Nepal, contemporaneamente c'è la storia di Bruno in montagna. Conosce Lara, si innamora di lei e insieme avviano un'azienda agricola fallimentare che lo fa indebitare. I due hanno una bambina, Anita, ma dopo pochi mesi i due si separano. Bruno resta in montagna da solo e senza soldi, Lara torna in città a lavorare come cameriera. 

Ad un certo punto, la madre di Pietro lo richiama dal Nepal spiegando tutta questa situazione e ovviamente Pietro torna a casa, per aiutare e sostenere il suo amico. 
Ero esausto e mi stavo accomodando nel calore del vino, anche se non l'avrei ammesso mi piaceva sentirlo parlare così. C'era qualcosa di assoluto, in Bruno, che mi aveva sempre affascinato. Qualcosa di integro e puro che fin da quando eravamo ragazzini ammiravo in lui. E lì per lì, nella casetta che avevamo costruito, ero quasi disposto a credere che avesse ragione: che il modo giusto di vivere per lui fosse quello, da solo nel pieno dell'inverno, senza niente se non un po' di cibo, le sue mani e i suoi pensieri, anche se sarebbe stato strano per chiunque altro. [p. 194] 
All'inizio di questa recensione ho voluto raccontare velocemente la biografia di Paolo Cognetti, perché secondo me la storia di Pietro è un po' la sua. Non lo conosco così bene per sapere fino a che punto sia effettivamente il racconto della sua vita, però sento che è molto suo e forse proprio per questo motivo il racconto è così tanto appassionante.
E il modo di scrivere, amici. Paolo Cognetti è lo scrittore italiano più americano che ho avuto il piacere di leggere. Ogni parola è al posto giusto, la prosa è scorrevole e essenziale, infatti la conclusione del libro arriva troppo in fretta. Non so come, vuoi per la storia che stuzzicava la mia attenzione, vuoi per il modo di scrivere così pulito e preciso, ho letto l'intero romanzo in un pomeriggio soltanto e vi assicuro che, avendo qualche ora a disposizione, è possibilissimo.

Non mi è sembrato strano che un libro come questo sia riuscito ad ottenere un premio prestigioso come il Premio Strega 2017 e voglio concludere con una citazione di Cognetti, che racchiude il senso di tutto questo romanzo.
"Questa vittoria la dedico proprio alla montagna che è un mondo abbandonato, dimenticato e distrutto. Io mi sono votato a cercare di raccontarla, a fare il portavoce. A cercare di fare il tramite tra la montagna e la pianura e la città".
Informazioni aggiuntive:
Autore: Paolo Cognetti
Codice ISBN: 9788806226725
Prezzo di copertina: 18.50€
Pagine: 199
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