Passa ai contenuti principali

COME NON SCRIVERE - Claudio Giunta

La grammatica italiana è una delle mie più grandi passioni. Quello che mi appassiona di più è la certezza delle regole, perché la grammatica non fa sorprese; la logica, perché ogni regola ha un significato correlato alle altre regole; l'ordine, perché la grammatica permette alle parole di essere precisamente al loro posto; tutto questo alimenta in me una sempre grande soddisfazione.
Il fatto che io diventassi copy e redattrice probabilmente era segnato nel mio destino molto prima che io scoprissi quali sono le mansioni previste da tali professioni.
Sono una persona ordinata (in certi momenti quasi maniaca); sono abitudinaria (c'è chi dice compulsiva) e sono pragmatica: la grammatica (e la scrittura, di conseguenza) è il mio sport preferito.

Anche a scuola mi piaceva studiare grammatica e fare gli esercizi. Mi piaceva l'analisi grammaticale, l'analisi logica e quella del periodo. Mi piaceva utilizzare le penne colorate per evidenziare le parti del discorso. Però, adesso che sono diventata adulta, devo ammettere che mi piace di più.
A scuola, molto spesso, l'insegnamento di questa disciplina avviene attraverso metodologie troppo meccaniche e ripetitive, che fanno venire a noia quei concetti che, se approfonditi nel modo giusto, possono invece rivelarsi molto interessanti.
Quando posso leggo un libro di grammatica italiana o di linguistica o di stilistica.
Questa volta è toccato a Come non scrivere di Claudio Giunta, insegnante di Letteratura Italiana all'Università di Trento e specialista di letteratura medievale.

La frase di apertura della premessa di questo libro è: "Questo libro non insegna a scrivere". Secondo l'autore è impossibile imparare a scrivere leggendo un libro sulla scrittura, così come non si impara a sciare leggendo un libro sullo sci. Secondo Giunta, per imparare a scrivere bene bisogna allenarsi molto e questo significa leggere tanto (romanzi, saggi, giornali decenti), confrontarsi con persone che ne sanno più di noi e che potrebbero correggere ciò che scriviamo e, naturalmente, è indispensabile scrivere molto.
Claudio Giunta si presenta al lettore nel modo più onesto possibile, esprimendo chiaramente il punto di vista senza troppi giri di parole. Quindi, con questa mia recensione, oltre a parlarvi del libro in se, vorrei condividere con voi alcuni concetti molto interessanti, che potrebbero essere utili a molte persone.

In apertura, prima di entrare nel vivo della storia, Claudio Giunta propone tre leggi fondamentali:

  1. La Legge di Borg - La prima cosa da tenere a mente, quando si scrive, è: bisogna impegnarsi. Giunta parte da una domanda che il giornalista Roberto Gervaso pose al tennista Bjorn Borg, Gervaso chiese: "La impegna più un set con Lendl o un set con McEnroe?" e Bjorg rispose "Mi impegna tutto, anche un set con mio nonno". Per scrivere bene bisogna impegnarsi molto, che si tratti di una mail, di un saggio o di una poesia, dietro la scrittura c'è un grande impegno di energie. Se ci si impegna nelle cose semplici, se si è accurati, scrupolosi e precisi, essere accurati e scrupolosi anche nelle cose più difficili sarà molto facile.
  2. La Legge di Silvio Dante - La seconda cosa da tenere a mente è: scrivere chiaro. In una delle scene dei Soprano, il mafioso Silvio Dante è al ristorante con il mafioso Gerry Torciano, che sta per essere ucciso. Gerry vorrebbe dire qualcosa a Silvio, ma gira intorno al discorso e non arriva mai al punto, perché ha paura della reazione di Silvio. A un certo punto Silvio si esaspera e dice "Wanna say something? And say it then, Walt ficking Whitman, over there!". Perché i poeti come Whitman possono parlare (e scrivere) in maniera complicata, arzigogolata e oscura, mentre chi parla o scrive per farsi capire deve parlare e scrivere in modo chiaro.
  3. La Legge di Catone - Rem tene, verba sequentur = se conosci la cosa di cui vuoi scrivere, le parole verranno da sole. Questo vuol dire che difficilmente si riesce a scrivere di qualcosa che non si conosce: o meglio, se si scrive di qualcosa che non si conosce si finirà inevitabilmente per fare finta di sapere, per volerla dare a bere al lettore, e questa necessaria finzione ci renderà confusi e fumosi. E vuol dire che se conosciamo bene un argomento, troveremo anche le parole per spiegarlo.
Per scrivere bene di una cosa, bisogna averla studiata seriamente
Impegno, chiarezza, studio. Per scrivere bene è necessario un grande lavoro cognitivo, che molto spesso non viene considerato. Come diceva Chiara di BalenaLab, una parte fondamentale del lavoro di scrittura è tutto quello che viene prima: la documentazione, la ricerca, la conoscenza del cliente (o di qualsiasi cosa stiamo scrivendo in quel momento).

Come non scrivere prosegue analizzando vari aspetti della scrittura: dalla costruzione di un testo (incipit, conclusione, articolazione del pensiero), alla sintassi e alle regole grammaticali, prima di concludersi con alcuni consigli di stile.
Voglio riportare alcuni concetti random che mi sono appuntata sulla Moleskine mentre leggevo:

  1. Le buone maniere servono anche nella scrittura. Se usiamo la penna dobbiamo scrivere con una grafia che sia leggibile senza che li nostro lettore sia costretto a cavarsi gli occhi; se usiamo il pc dobbiamo cavarcela con i programmi di videoscrittura. Nelle pagine che seguono questo consiglio troviamo alcuni accorgimenti da utilizzare quando dobbiamo scrivere un documento su Word o programmi simili (interlinea, specchio di scrittura, rientri e giustificazione del testo, firma e contatti, grafici, immagini e tabelle e così via).
  2. Per quanto riguarda la forma, mi ha colpito molto il concetto secondo cui chi non ha un buon controllo del linguaggio scambia spesso la semplicità per sciatteria, mancanza di eleganza, mentre una scrittura semplice è sempre raccomandabile, soprattutto quando si compilano atti ufficiali come una denuncia. Procede citando la celebre riflessione di Calvino sull'antilingua e puntando il dito verso tutti gli artifici linguistici che utilizziamo quando scriviamo e che, ad esempio, ci spingono a scrivere parole come attendere al posto di aspettare o giungere al posto di arrivare o ancora effettuare una ricerca invece di cercare. Ho trovato molto interessante la riflessione proposta, soprattutto perché cita degli episodi avvenuti nelle scuole, in cui i professori si sentono costretti a correggere parole utilizzate nell'uso comune perché leggerle all'interno di un tema sembra brutto. Usare parole artificiose per darsi un tono è una pratica semplicemente ridicola, che può rischiare di avvicinare il nostro linguaggio ai congiuntivi di Fantozzi, mentre quando si scrive per farsi capire è sempre meglio utilizzare la parola o il costrutto più semplice. Come diceva Levi: "Se un lettore non intende un testo, la colpa è dell'autore, non sua. Sta allo scrittore farsi capire da chi desidera capirlo: è il suo mestiere.
  3. Altro punto molto importante: abbiate il coraggio di parlare con la vostra voce. Questo concetto si riferisce al precedente, ma fa un salto di qualità perché evidenzia la necessità di rintracciare un registro unico dello scrittore\scrivente. Lo stile letterario non è appannaggio totale dei grandi scrittori, ognuno di noi ha il suo stile e ognuno di noi compie le proprie scelte stilistiche e linguistiche. Vi sfido a trovare le parola "solamente" nei miei testi. E' impossibile perché detesto quella parola. Non utilizzare la parola solamente è parte del mio stile, come lo sono le anafore e i componimenti circolari che iniziano e finiscono con lo stesso concetto\situazione. Scrivere tanto permette anche di conoscersi in modo approfondito e di evidenziare i punti di forza e lavorare sui punti di debolezza.
  4. Curare il linguaggio non significa soltanto curare il modo in cui si parla o si scrive, ma anche curare il modo in cui si pensa. Scegliere le giuste parole da dire è importante e l'azione di scegliere le parole giuste ci costringe a pensare e a riflettere prima di parlare. Il cattivo uso delle parole, infatti, confina spesso con il cattivo uso del pensiero, nel senso che si adoperano parole o locuzioni stantie per dire cose sciocche: la trivialità dell'espressione produce opinioni triviali. Per questo sfuggire ai cliché e alle frasi fatte è tanto importante: perché non si tratta solo di parlare o scrivere bene, ma si tratta di resistere a tutte le sciocchezze, le banalità, le idee trite che quasi inavvertitamente assorbiamo attraverso la conversazione quotidiana, i giornali, la radio, la tv, internet, la scuola.
  5. La cultura è una bella cosa, ma è un po' come l'argenteria: se la si possiede è meglio tenerla un po' nascosta, non sfoggiarla a ogni occasione; le persone intelligenti si accorgeranno ugualmente che i nostri nonni frequentavano i Savoia o che avevano tutti trenta all'università.
Ovviamente, Claudio Giunta riporta regole di grammatica e punteggiatura, ma non sono così importanti quanto tutti i concetti precedenti. La grammatica è indispensabile, ma chi legge un libro di questo genere ha sicuramente una certa padronanza della materia (o sicuramente non è un ragazzino delle elementari che sta ascoltando per la prima volta questi concetti). 
Però una regola grammaticale la voglio condividere, perché -dato il lavoro che faccio- riguarda una delle domande che mi capita più spesso di ascoltare:

Si può mettere la virgola prima della E congiunzione?

Alle elementari ci hanno insegnato che o si mette la virgola o si mette la congiunzione E, ma non è del tutto vero. Nelle frasi coordinate è un concetto giusto, ma in altri casi la virgola può benissimo precedere la congiunzione E:
C'erano moltissime persone, e tutte hanno guardato da un'altra parte
Sul tavolo della cucina c'erano molti dolci e molte bottiglie di vino 

La E della prima frase non ha lo stesso valore della E della seconda frase, perché nella seconda frase "molti dolci" e "molte bottiglie" appartengono alla medesima frase e non possono essere separati da una virgola; nel primo caso, invece, la congiunzione e coordina due proposizioni indipendenti e la virgola ci sta bene. Lo stesso discorso vale per la congiunzione ma: se coordina due parti della stessa frase la virgola non ci va, se invece coordina due frasi indipendenti la virgola deve esserci.

La parte dedicata agli accenti è molto interessante. Anche quella dedicata alla differenza tra elisione e troncamento mi è piaciuta molto. In realtà il libro mi è piaciuto tutto ed è complice lo stile adottato dallo scrittore, che non ha paura di dare del cretino all'onorevole che si offende se non scriviamo Onorevole non la lettera maiuscola o di affermare che se siamo trascinati a scrivere male perché tutti nell'ambiente lo fanno forse bisogna fare qualcosa per cambiare l'ambiente. Ottimi spunti tecnici, ancora più interessanti gli spunti etici. Un libro che scorre veloce, nonostante il tema trattato e nonostante le 300 e passa pagine. Io l'ho iniziato in ospedale, dopo aver terminato la lettura di Mi chiamo Lucy Barton di Elizabeth Strout e vi assicuro che è stata una lettura molto piacevole.

Informazioni aggiuntive:
Autore: Claudio Giunta
Codice ISBN: 9788851156978
Prezzo di copertina: 16.00€
Pagine: 328
Se vuoi acquistare questo libro da Amazon clicca qui:
Il mio blog è affiliato a Amazon, puoi sostenere la produzione di contenuti di Letterando Con Marty facendo acquisti direttamente dal link che ti ho lasciato. Sul totale dell'importo che verserai per i tuoi acquisti, questo blog tratterrà una percentuale che mi verrà corrisposta solo ed esclusivamente per l'acquisto di altri libri per altre recensioni!
Grazie della collaborazione 

Commenti

Posta un commento